VILLA BREDA A PONTE DI BRENTA
All’ingresso del Comune di Padova, oltrepassato il ponte sul Brenta, nella frazione, appunto chiamata Ponte di Brenta, si intravede sulla destra una maestosa villa
Ben pochi sanno che tanta parte della gloriosa storia della città e dello sviluppo economico dell’Italia dell’Ottocento sono stati "costruiti" in questo luogo.
Ben pochi sanno dello straordinario valore ambientale e paesaggistico di questo luogo, a partire già dal tempo in cui il nostro possente fiume Brenta attraversava lento e sinuoso il centro del paese.
Il fiume passava con una grande ansa, proprio davanti alla villa.
I nobili veneziani Contarini , verso la metà del 1600, costruirono, in questo luogo, una villa, come sede di villeggiatura di campagna. Ben 22 ville erano presenti nel Settecento nel territorio, in quanto raggiungibile comodamente via fiume ed il luogo era ameno, gradevolmente ricco di campagne e di boschi. Era l’ultima propaggine della ben nota Riviera del Brenta.
La villa, passata di proprietà nel corso dei secoli, è stata ristrutturata nelle attuali forme dal 1859 al 1865 dal grande architetto Antonio Caregaro Negrin di Vicenza, su commissione del grande VINCENZO STEFANO BREDA che la acquistò ormai fatiscente, per farne la Sua dimora. Entriamo nel sito, per ora, proibito”, accolti da un “triste” busto del padrone di casa, ormai dimenticato in mezzo ad un ‘aiuola.
Dopo qualche passo la meraviglia ci coglie. Un’oasi d verde e di pace ci accoglie. Si intuisce un delizioso giardinetto all’italiana con vialetti di bosso, circondato da maestosi carpini, abbellito con statue in pietra di forme bizzarre ed esotiche, opera della grande famiglia Bonazza scultori del 700, che tanto egregiamente operarono a Padova. Un lungo maestoso viale si allunga davanti alla villa, abbellito ancora da statue della stessa foggia e da carpini svettanti. Lo sguardo si perde oltre, in fondo al viale lasciando intravedere in lontananza un grande parco con maestosi secolari alberi.
Quale tristezza, tutto, ora, è avvolto dalle erbacce, da rami caduti, da arbusti che invadono da anni.
I riflettori, che un tempo illuminavano le statue, diffondendo un misterioso e fantastico fascino sono spenti, in qualche caso divelti per incuria.
Ciò che era una maestosa serra, finemente decorata con dipinti, statue e decori in ferro è ora quasi nascosta dal verde, preda del guano, delle erbacce che la ricoprono e da cumuli di paglia e vecchi attrezzi abbandonati.
Nel parco romantico, verso la ferrovia, era la torretta belvedere “una snella e rotonda torricciola” così descritta dal Gloria, uno storico padovano dell’Ottocento.
“La torre si estolle pittoresca e slanciata sopra umile poggetto di soavissima china, tutto coverto di arboscelli, morbide erbette e fiori. E’ sostenuta dalla volta della ghiacciaia che serba il ghiaccio per la state a confortare di fresche bevande la famiglia e gli amici del padrone.
Per suo volere si distribuisce quel ghiaccio gratuitamente anche ai malati dei dintorni”
Ora è un vecchio rudere con qualche impalcatura di sostegno, perché troppo pericolante.
Quanta tristezza, ripensando alla deliziosa descrizione delle sue leggiadre forme e del suo utilizzo nel tempo, sempre espressa dallo storico Gloria.
Le vecchie scuderie, finemente dipinte con accurate immagini naturalistiche, che tanta storia della nostra ippica italiana hanno visto passare sono ora scrostate e cadenti.
Si sentono scalpitare due maestosi cavalli… Vogliono cacciarli via, vogliono distruggere l’ultimo brandello di storia rimasto grazie all’umile, onesto ed appassionato lavoro di uno stalliere, rimasto fedele, nonostante … assalti di drogati, passaggi di sbandati, alberi che cadono, siepi da tagliare, desolazione. Ma questa è un’altra storia molto triste e commovente da affrontare!
Rivolgendo lo sguardo alla villa, ci appare sontuosa nella sua facciata rivolta all’interno, perché prospiciente al viale d’ingresso, che portava al fiume prima ed alla carrozzabile, dopo lo spostamento del fiume.
La parte centrale si innalza a triangolo. Sul timpano “ torreggia” la statua dell’immortale Galileo”
con due fanciulle sedute a fianco. Una con il cannocchiale rappresenta la tecnica e l’altra rappresenta l’arte, i grandi interessi culturali dell’illustre proprietario.
Chi era l’ultimo illustre padrone di casa?
Vincenzo Stefano Breda e la consorte Rosa Zannini sembrano attenderci nella sala centrale, egregiamente dipinti in due grandi oli, dal pittore di famiglia Giulio Cesare Ferrari di Bologna.
L’interno della villa ha mantenuto la pianta tipica delle ville venete dei nobili veneziani, come era nella proprietà d’origine. Era arredata con mobili importanti., graziosi soprammobili, dipinti preziosi che Vincenzo Stefano Breda amava acquistare, sia per il piacere del bello e, spesso, come dono per la moglie e per la madre. Ora sono tristemente al buio, abbandonati come un oggetto senza valore. ma la storia e l’onore ancora fremono.
Troviamo un lungo corridoio che attraversa tutta la villa e da questo si dipartono le varie sale collegate tra loro.
Nella prima sala a sinistra, troviamo la sala riunioni, perfettamente conservata.
Le pareti erano “con buoni freschi . Altre buone dipinture trovi qua e là nelle stanze e nobili arredi e costose suppellettili e tutto ciò che serve all’agiatezza di vita signorile” così ancora descriveva lo storico A. Gloria
tratto da http://www.viviamovillabreda.it |